Rimini lancia il progetto di una filiera della birra 100% italiana

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By Federdat Febbraio 20, 2017 17:16 Updated

Rimini lancia il progetto di una filiera della birra 100% italiana

È un microcosmo in grande fermento, in tutti i sensi, quello della birra artigianale, che da sabato scorso è riunito in fiera a Rimini per la terza edizione di Beer Attraction. Salone internazionale, organizzato da Ieg e Unionbirrai, dedicato alle specialità birrarie e alle tecnologie per birrifici, da cui è stato lanciato questo week-end il progetto per una birra 100% italiana, dal luppolo al boccale. Un’iniziativa della rete “Luppolo Made in Italy” promossa da un gruppo di produttori umbri per valorizzare una filiera del luppolo autentica, che parta dalla coltivazione pianta selvatica autoctona (della famiglia delle Cannabacee) fino alla trasformazione e commercializzazione della birra.

La guida scientifica del progetto di filiera è affidata al Cerb, il Centro di
eccellenza della birra dell’Università di Perugia. Primo passo sarà diffondere la coltura di varietà locali di luppolo, pianta selvatica che cresce rigogliosa nel Paese ma finora poco coltivata – se non in modo sperimentale – principalmente a causa della bassa domanda. In Italia infatti il consumo di birra in Italia è in crescita ma ancora attorno ai 29 litri pro capite, contro gli 82 litri della Spagna, gli 85,6 dell’Irlanda, i 105 litri della Germania o i 144 della Repubblica Ceca .

Il diffondersi dell’homebrewing e dei microbirrifici negli ultimi anni sta innescando invece lo sviluppo di tutta la filiera, dai fornitori di macchinari ai consorzi per il conferimento della produzione fino alle scuole di formazione, con la prospettiva di poter valorizzare un’ampia varietà di birre legati ai territori. Perché il luppolo – che conferisce amaro e aroma distintivo della birra – varia molto le proprie caratteristiche in base alle condizioni agro ambientali del luogo d’origine. E già oggi l’offerta artigianale italiana spazia dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo, dalla birra alle visciole fino a quella al radicchio rosso tardivo Igp.

«Abbiamo qui a Rimini 431 espositori tra diretti e rappresentati, erano 350 nella seconda edizione, e un calendario di oltre 600 incontri B2B per buyer esteri di 15 Paesi europei», sottolinea Lorenzo Cagnoni, presidente di Italian Exhibition Group (la società nata lo scorso 1° novembre dall’integrazione tra Rimini Fiera e Fiera di Vicenza) certo di superare i risultati di Beer Attraction 2016, 14.581 visitatori con una crescita del +10,3% sul 2015. «Abbiamo vinto la sfida di dare alla filiera e al mercato italiani un evento di riferimento per la birra – aggiunge – capace di valorizzare originalità e creatività delle nostre tipiche produzioni locali».

A confermare l’exploit della birra made in Italy è anche Coldiretti, che rileva come l’export di birra italiana – in questo caso prevalentemente di produzione industriale – sia aumentato del 144% negli ultimi dieci anni: 180 milioni di euro in valore nel 2016, con ottimi risultati nei Paesi nordici, dalla Germania (+17%) all’Irlanda (+8,1%) fino ai pub della Gran Bretagna (+2%). Indubbio comunque che dietro al risveglio e all’innovazione del settore ci sia il boom dei microbirrifici, che fino a una ventina di anni fa erano qualche decina in Italia e oggi sono 1.100, tra microbirrifici e beer firm – stima Unionbirrai Cna – per una produzione artigianale salita al 3,5% del totale a 500mila ettolitri per un valore di 225 milioni di euro (per il solo artigianato birrario italiano). Senza considerare che il comparto offre una risposta autonoma al problema dell’occupazione soprattutto tra gli under 35: sono circa 4.500 oggi gli addetti della filiera artigianale.

«Sulla birra artigianale gravano però ancora accise penalizzanti che non interessano invece il mondo del vino nonché adempimenti burocratici abnormi», rimarca Unionbirrai. Nonostante la normativa approvata nel 2016 riconosca la tipicità dei piccoli birrifici indipendenti, il fisco non fa differenza tra multinazionali e microrealtà produttive quando si tratta di tassare la gradazione alcolica. A differenza di quanto avviene in altri Paesi europei, dove ai microbirrifici viene applicata una aliquota ridotta.

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