Produttività: la realtà smentisce i luoghi comuni

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By Federdat Dicembre 19, 2016 09:50 Updated

Produttività: la realtà smentisce i luoghi comuni

Lo scambio tra salario e produttività del lavoro inizia ad essere una realtà, visto che attraverso la contrattazione aziendale (o territoriale) coinvolge oltre 5 milioni di lavoratori. È un numero importante. Viene smentita la tesi di quanti finora hanno criticato gli incentivi fiscali con l’argomentazione che i premi di produttività hanno una scarsa diffusione nel Paese. In buona parte si tratta di dipendenti di imprese medio-grandi, ma il dato relativo ai 2.901 accordi territoriali che interessano 1,2 milioni di lavoratori , mostra come abbia cominciato ad aprirsi una breccia anche tra le Pmi.

Proprio a loro si rivolge l’accordo raggiunto a metà luglio tra Confindustria e sindacati, per consentire anche alle piccole imprese, dove non esiste una rappresentanza sindacale, di erogare premi di risultato aziendali collegati ad incrementi di produttività, beneficiando dei vantaggi fiscali previsti dalla legge.
La reintroduzione della cedolare secca del 10% applicata ai premi di produttività, va proprio nella direzione auspicata da tutti gli organismi internazionali, che da tempo sollecitano l’Italia a rafforzare il peso della contrattazione aziendale per recuperare quel gap di produttività che separa il Belpaese dalle principali economie europee. E in una fase di bassa inflazione come l’attuale, potrà contribuire a rendere le buste paga dei lavoratori più pesanti.

I dati anticipati oggi dal Sole 24 ore ci dicono che questi accordi non sono diffusi in modo omogeneo sul territorio nazionale, ma interessano in prevalenza il Centro-Nord. Non tutti questi premi vengono erogati in modo “virtuoso”. In questo senso, l’ipotesi di contratto nazionale dei metalmeccanici rappresenta un’importante innovazione, poiché esplicita la totale variabilità del premio.
La quota di salario interessata è in media di 1.649 euro lordi annui per gli accordi aziendali, di 1.098 euro per gli accordi territoriali, per una media nel complesso di 1.552 euro. Questi numeri ci dicono che negli accordi territoriali in media i premi rappresentano meno della metà del massimale oggetto della detassazione, mentre nella contrattazione aziendale corrispondono ad una mensilità in più. Ci sono ampi spazi di miglioramento. Il problema è che la struttura retributiva dei contratti di lavoro subordinato è largamente dominata da voci fisse; il salario cresce in base all’anzianità, invece che in rapporto al merito o alla produttività del lavoratore. Il cambio di passo potrà essere trovato in sede di confronto sugli assetti contrattuali, tra imprese e sindacati, poiché quanto più un contratto nazionale è “pesante”, tanto meno spazio verrà lasciato alla negoziazione aziendale.

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