Pmi italiane ottimiste sull’export Ma Brexit frena le britanniche

Cresce il numero delle Pmi italiane che esporta. In percentuale sul totale delle piccole e medie imprese “Made in Italy”, siamo sempre dietro a Francia, Gran Bretagna, Germania (facciamo solo un po’ meglio della Spagna). Ma quelle che vendono all’estero sono ottimiste e pronte ad aumentare i volumi, in questo 2017, rigorosamente verso altri partners della Ue. Solo le Pmi inglesi sono più pessimiste: alla stessa domanda prima e dopo il voto per la Brexit, le piccole e medie imprese britanniche hanno mkostrato un tracollo delle aspettative.
Sono i risultati dell’indagine European Sme Exporting Insights di Ups, che per il secondo anno consecutivo ha sistematizzato le informazioni raccolte su un campione rappresentativo di 12.815 titolari e direttori di piccole e medie imprese in 8 paesi europei.
In Italia cresce la percentuale delle Pmi esportatrici rispetto allo studio del 2015. Si stimano siano oltre 200mila, ovvero solo il 14% di quelle registrate, le Pmi italiane che esportano. Insieme alla Spagna (che ha il 13% di Pmi esportatrici), abbiamo la percentuale più bassa rispetto al totale nazionale. Per dire, la Germania è al 28%, la Francia al 27%, la Polonia al 23% e la Gran Bretagna al 21 per cento di Pmi esportatrici sul suo totale nazionale.
L’orizzonte dell’export resta per lo più nel perimetro della Ue (così per oltre il 90% delle Pmi esportatrici di tutti gli 8 Paesi). Però crescono anche le rotte extra Ue non-Usa (eccezion fatta per una crescente percentuale di Pmi del Regno Unito che esporta negli Usa, il 61% nel 2016 rispetto al 43% del 2015).
Al resto del mondo guardano sempre più le Pmi tedesche (dal 59% del 2015 al 65% del 2016) e francesi (dal 64 al 68%). Con le uniche diminuzioni significative nelle Pmi italiane (49% nel 2016 rispetto al 59% del 2015) e del Regno
Unito (70% lo scorso anno rispetto al 75% del 2015).
Un fattore che ha influito chiaramente sui risultati dell’indagine 2016 è stato il referendum di giugno con cui il Regno Unito ha deciso di lasciare l’Unione europea. I risultati relativi al Regno Unito, dove le interviste sono state fatte prima e dopo il voto, hanno evidenziato un drastico calo della fiducia delle PMI britanniche verso le esportazioni nel terzo trimestre. Prima del referendum il 36% delle Pmi britanniche prevede un aumento delle esportazioni, dopo il voto il dato scende al 20 per cento.
Le aspettative hanno invece mostrato variazioni in senso positivo in tutti gli altri paesi inseriti nel sondaggio, dove la percentuale delle imprese che si attende un aumento delle esportazioni sale dal 26% del II trimestre al 33% del III trimestre. La crescita delle esportazioni in tutti i paesi analizzati ha scalzato il Regno Unito dalla posizione di 2° paese, dopo la Germania, tra quelli con le esportazioni più elevate, facendolo scendere al 6° posto.
Quando si tratta di esportare all’interno della Ue, per le aziende italiane le barriere maggiori sono: sdoganamento, affidabilità della consegna e costi. Invece, quando si tratta di esportare al di fuori della Ue, i limiti maggiori riguardano i costi, le normative e l’affidabilità della consegna dei prodotti.
«Lo studio 2016 – ha sottolineato Nando Cesarone, Presidente di Ups Europe – dimostra che più della metà dei piccoli imprenditori che hanno esportato i propri prodotti hanno registrato un incremento dei ricavi nel corso degli ultimi tre anni. Invece solo il 31% dei piccoli imprenditori che non hanno esportato ha riportato una crescita».
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