Pasta Divella cresce in Asia: dopo il Tibet, si punta all’Indonesia

Pasta Divella alle latitudini più lontane, anche in Siberia o in Tibet, sul tetto del mondo, distribuita in alcuni supermercati della capitale Lhasa e nei resort turistici frequentati da occidentali. Con il Tibet salgono a 112 le bandierine che il gruppo alimentare pugliese – 320 dipendenti, 2 milioni di quintali di pasta prodotta e venduta ogni anno, fatturato 2016 a 326 milioni di euro ottenuto per il 35% all’estero – ha posto su altrettanti paesi sparsi in tutti i continenti. Ed entro il 2017 il target è di aggiungerne altri 5 alla lista, muovendo il gruppo soprattutto verso Asia e Africa.
Nel Tibet il gruppo guidato da Francesco Divella, terza generazione di questa azienda fondata a Rutigliano, nel barese, nel 1890, è entrato attraverso il suo distributore in Nepal con base nella capitale Kathmandù. In quell’area i margini di sviluppo sono in continua crescita favoriti da formalità burocratiche ridotte al minimo, dazi quasi inesistenti e credito bancario facile.
«È una sorta di piccola oasi in un’area invece molto complessa tra Pakistan, India e Bangladesh -dice Marcello Valentini, export manager della “F.Divella” spa. In Tibet invece, grazie alla crescente influenza dei gusti alimentari occidentali, esportiamo non solo pasta,ma anche conserve di pomodoro, olio, biscotti». Non così nel vicino Pakistan con i suoi 100 milioni di abitanti e prezzi imposti riportati sulle confezioni di pasta, dunque con flessibilità ridotta all’osso, o l’India dove le barriere all’ingresso sono elevatissime sia sul piano normativo (leggi stringenti sull’etichettatura che si susseguono) che distributivo (non vi sono catene di Gdo nazionale, ma locali complice l’assenza di infrastrutture di collegamento).
Nei piani di Divella uno dei paesi target rimane perciò l’Indonesia, il più importante dopo Cina e India con quasi 240 milioni di abitanti: «Lì mangiano i nostri spaghetti in modo entusiasta e li condiscono con i loro sughi», dice Valentini. Il gruppo sta entrando con decisione anche in Africa centrale, nel Congo, paese tra i più ricchi, in Ruanda, nel Senegal che si sta lentamente aprendo ai mercati occidentali e in Tanzania. In quel continente il Kenia è la base logistica più importante del gruppo a servizio dei paesi limitrofi ed in particolare dell’Etiopia. Nel sud est asiatico la partita è molto dinamica: attraverso il ricchissimo sultanato del Brunei, Divella vuole entrare in Malesia, paese con i redditi pro-capite tra i più alti dell’area.
«In Cina corriamo-dice Valentini. Tra i giovani cresce l’attrazione per il western food ed i nostri margini aumentano grazie anche all’intesa realizzata con Pizza Hut, colosso della ristorazione con migliaia di punti vendita”. Dopo il Tibet il gruppo è arrivato ad un’altra latitudine estrema, la Siberia, oltre gli Urali, da cui muovere per inserirsi nei mercati delle ex-repubbliche sovietiche, come il Kazakistan e di lì verso Afghanistan e Iran, riapertosi quest’anno e con prezzi sullo scaffale per un pacco di pasta che vanno da 5 a 7 euro. Ritorno alla “normalità” commerciale anche per la Russia (Mosca e San Pietroburgo da sole assorbono l’80% dell’export totale in quel paese) mentre per il sud America si punta sui nuovi mercati di Paraguary e Bolivia. “Per crescere in volumi e fatturato anche nel 2017 puntiamo tutto sull’export -spiega Francesco Divella. Per questo ci muoveremo, insieme alle nuove aree focus, consolidandoci ancora di più in Usa, Nuova Zelanda e Australia». Mentre in Italia si annunciano nuovi investimenti, nel 2017,per 15 milioni per automatizzare i processi di lavorazione della pasta.
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