Le aziende agricole riducono gli investimenti

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By Federdat Gennaio 28, 2017 08:55 Updated

Le aziende agricole riducono gli investimenti

Tutti i numeri certificano una stagione frizzante per l’agricoltura italiana. Tutti meno uno: il credito e quindi gli investimenti. Da settembre del 2015 è iniziato infatti, dopo anni di crescita anche a due cifre, il lento declino e, secondo i dati del bollettino di Bankitalia, nell’ultimo trimestre del 2016 rispetto a settembre 2015 si registra un calo del 2,5% degli affidamenti agrari con uno stock sceso a 43,5 miliardi dai 44,6 del 2015.

E un altro dato che «misura» le difficoltà in cui si dibattono le imprese è quello delle sofferenze. Sempre a settembre 2016 le aziende non in grado di far fronte agli impegni risultavano 19.105 (+ 600 unità) per un monte di 5,8 miliardi di debiti in sofferenza e con un «insoluto» per ciascuna impresa di oltre 300mila euro. «Eppure – spiega Roberto Grassa, direttore generale di CreditAgri, il confidi della Coldiretti – mai come in questo periodo abbiamo assistito a una così abbondante disponibilità di liquidità nel sistema bancario, così come non si era mai registrata una situazione tanto favorevole per l’accesso al credito, sia per i tassi di interesse ai minimi storici che per disponibilità sul mercato di garanzie fideiussorie a sostegno dei finanziamenti, nonché di fondi pubblici di garanzia e controgaranzia e buon apporto di consulenza».

Senza contare un cambio di passo dei maggiori istituti bancari che hanno messo a disposizione del settore plafond mirati e il supporto degli strumenti Ismea, a partire dalla garanzia diretta finalizzata a favorire l’accesso al credito delle aziende agricole, attraverso l’abbattimento degli spread e la riduzione del patrimonio di vigilanza delle banche.

Anche sul fronte dei Confidi «quelli vigilati, come CreditAgri – spiega Grassa – possono rilasciare garanzie finanziarie destinate alla copertura dei rischi a favore di una pubblica amministrazione a fronte di specifiche obbligazioni assunte da una Pmi che si impegni a svolgere attività di pubblico servizio. Abbiamo attivato tra le altre, garanzie verso Stato e Regioni per l’ottenimento delle anticipazioni contributive previste da bandi pubblici, e verso gli enti gestori dei Piani di sviluppo rurale».

Insomma un quadro favorevole, ma il cavallo non beve. Sull’onda delle crisi che hanno travolto settori strategici, dal latte ai cereali, la voglia di innovazione si è appannata. E anche se spuntano i segnali di ripresa (i prezzi del latte sono in salita e anche la suinicoltura sta uscendo dal tunnel) ancora non si avverte l’impatto sulla domanda di mutui.

Un banco di prova potrebbe essere la superagevolazione concessa agli investimenti previsti anche per l’agricoltura dal piano del governo «Industria 4.0», anche se l’iper ammortamento è riservato solo alla minoranza di aziende tassate sulla base del bilancio. «I fattori di criticità – evidenzia ancora Grassa – vanno cercati nel permanere di un clima di incertezza, in particolare sulla possibilità di incremento nel prossimo triennio della domanda interna di prodotti agroalimentari, frutto di un trend dei consumi interni in calo da troppi anni».

Lo scenario per l’industria alimentare è però diverso. Dal 2013 infatti la crescita dei finanziamenti non si è arrestata passando da 30 miliardi a 32,2 del terzo trimestre 2016 con una balzo del 7 per cento. «È inequivocabile – per il direttore generale di CreditAgri,- che il mondo agroindustriale denoti una più spiccata attitudine a investimenti strutturali, mentre il settore primario appare più prudente e peraltro in grave difficoltà nel far fronte agli impegni finanziari in corso». Con il rischio di rendere ancora di più l’agricoltura l’anello debole delle filiere.

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