La frenata del Paesi «Brics» rallenta i distretti italiani

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By Federdat Dicembre 27, 2016 11:21 Updated

La frenata del Paesi «Brics» rallenta i distretti italiani

La crisi in Brasile. E poi il crollo del rublo, la frenata in Cina, il greggio “bonsai” che riduce il potere d’acquisto dei paesi Opec. Un contesto globale difficile, a cui si aggiungono guerre e attentati, che si è tradotto nel 2016 in un rallentamento deciso del commercio globale, con effetti collaterali inevitabili anche per il made in Italy. Il sistema distrettuale italiano interrompe così il proprio percorso di crescita dell’export, evidenziando nei primi nove mesi dell’anno un calo delle vendite estere pari allo 0,7%, dell’1,2% tra luglio e settembre.

Per le 147 aree monitorate sistematicamente da Intesa Sanpaolo si tratta di una battuta d’arresto al termine di una rincorsa, che dagli abissi del 2009 aveva spinto ininterrottamente verso l’alto le vendite, con una crescita cumulata del 44%. Tra gennaio e settembre le vendite estere globali delle aree distrettuali hanno sfiorato i 70 miliardi di euro e per la maggioranza delle aree monitorate (78 su 147) il trend si mantiene comunque ancora positivo.

In termini geografici i mercati più problematici sono nell’area extra-Ue: tra i primi dieci “responsabili” del calo dell’export non figura infatti nessun mercato dell’Unione. I mercati “maturi” offrono in effetti un contributo ancora positivo (+1,1%) mentre gli sbocchi più recenti, i mercati “nuovi” cedono in media quattro punti percentuali. In valore assoluto l’emorragia di vendite maggiore si realizza in Emirati Arabi Uniti e Hong Kong, mentre il terzo posto delle Isole Cayman (139 milioni di vendite in meno in 9 mesi, -91%) è legato alle commesse nautiche del periodo corrispondente, ordini una-tantum, erratici per definizione.

Male in generale l’area del Medio Oriente, così come in calo è l’export verso la Turchia, dallo scorso agosto alle prese con una situazione interna non certo favorevole agli scambi. “Star” assoluta è invece la Spagna, dove la ripresa economica si accompagna ad una risalita delle importazioni, con il risultato di aggiungere in nove mesi 172 milioni di euro al risultato distrettuale. Bene anche Stati Uniti, Slovenia e Israele, anche se in termini percentuali il dato più significativo si realizza in Iran. I distretti piazzano infatti a Teheran una crescita del 43,5%, primo concreto risultato dell’apertura del mercato in coincidenza del termine del regime sanzionatorio.

LE PERFORMANCE

Eterogeneo il quadro anche dal punto di vista settoriale, con performance positive per materiali da costruzione, gomma-plastica mobili e alimentare, mentre arretrano le vendite estere per meccanica, sistema moda, elettrodomestici, prodotti in metallo e metallurgia. «Se osserviamo ciò che accade nel mondo – spiega il responsabile Industry&Banking dell’ufficio studi di Intesa SanPaolo Fabrizio Guelpa – vediamo crescere le importazioni solo in una manciata di settori: auto, farmaceutica, largo consumo. Non esattamente i punti di forza del nostro sistema distrettuale. Le importazioni degli emergenti si riducono e la media generale è vicina allo zero, contesto in cui la crescita è oggettivamente difficile, a maggiore ragione se le aziende operano in un momento storico in cui il trend dei prezzi è negativo».

Se ragionevolmente il 2016 non si potrà chiudere con performance brillanti, le prospettive per il prossimo anno paiono tuttavia migliori e già le prime indicazioni in arrivo dalle vendite extra-Ue di ottobre e novembre per l’intero made in Italy offrono qualche appiglio in più all’ottimismo. «Il petrolio sta lentamente risalendo – aggiunge Guelpa – e da qui potrà venire un rilancio delle importazioni dei paesi Opec. Brasile e Russia, inoltre, sembrano iniziare ad uscire dalle proprie difficoltà mentre il temuto crollo cinese, per ora, non si è verificato. Le incognite non mancano ma l’ipotesi più probabile è che nel 2017 l’export distrettuale potrà tornare a crescere».

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