Il made in Italy ritrova l’Ucraina: il balzo dell’export vale 200 milioni

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By Federdat Febbraio 25, 2017 18:46 Updated

Il made in Italy ritrova l’Ucraina: il balzo dell’export vale 200 milioni

Nessun fuoco di paglia ma un recupero deciso, che si consolida con il passare dei mesi. Tra i segnali positivi per il made in Italy nello scorso anno vi è la netta risalita dei volumi diretti verso l’Ucraina, una delle grandi voragini recenti per l’export tricolore. Il buon avvio del 2016 si conferma nei dati globali per l’intero anno, chiuso a quota 1,1 miliardi di euro. Rispetto all’anno precedente si tratta di quasi 200 milioni di vendite in più, un recupero del 21,7% che posiziona i volumi del made in Italy su livelli non distanti da quelli del 2014.

Per poter ritrovare il record di 1,9 miliardi del 2013 la strada da percorrere resta comunque parecchia (all’appello mancano 772 milioni di euro), ma la forza e la costanza del trend avviato paiono senza dubbio confortanti.

Un recupero interessante anche perché corale, frutto di una ripresa dei volumi che riguarda sia i beni di consumo che quelli strumentali, a segnalare un percorso di risalita che coinvolge sia la domanda delle famiglie che quella delle imprese. Domanda crollata all’indomani della crisi con la Russia, un conflitto che ha avvitato il paese in un circolo vizioso fatto di svalutazione, blocco dei finanziamenti bancari, fuga degli investitori, stop all’invio delle merci.

Un quadro ora avviato almeno parzialmente verso la normalità, con la valuta che dopo aver perso da inizio 2014 i due terzi del proprio valore nei confronti dell’euro pare almeno aver arrestato la propria caduta. I dati puntuali per settore (periodo gennaio-novembre) mostrano per l’Italia guadagni corali: per l’abbigliamento un recupero del 24% (103 milioni); per le calzature un guadagno del 28% (50 milioni); per l’area dei macchinari e delle attrezzature uno scatto del 31% (251 milioni).

A sperimentare la ripresa sono più territori, come Vicenza (dai 49 milioni dei primi nove mesi del 215 ai 63 milioni dello scorso anno), Milano (da 67 a 83), Bologna (da 37 a 44), Bergamo (da 13 a 18) e Cuneo (da 11 a 17 milioni). Recupero di vendite verso Kiev che coinvolge anche i principali partner europei, con crescite a doppia cifra che si realizzano anche per Germania e Regno Unito (+18,6% per entrambi), così come per la Francia (+23%) e la Spagna (+31,4%). Da notare che oltre alla Germania e a due paesi confinanti (Polonia e Ungheria), soltanto l’Italia presenta verso il paese vendite annue superiori al miliardo di euro.

Per l’Europa a 28 l’export 2016 verso l’Ucraina si è assestato a quota 16,5 miliardi, 2,5 in più rispetto all’anno precedente. A sperimentare un recupero sono quasi tutti i paesi, con guadagni assoluti maggiori per Polonia e Germania, responsabili delle vendite più robuste nei confronti di Kiev: oltre un miliardo di export recuperato nel 2016 arriva da qui. Il gap rispetto al picco pre-crisi resta comunque ampio, con 7,4 miliardi complessivi da recuperare per l’intera Europa. Dai massimi manca ancora all’appello quasi un terzo del mercato.

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