Il golf argina la crisi

Avanti adagio, come il resto del Paese. Dopo anni in caduta libera, torna a crescere, seppure in modo marginale, il numero di iscritti alla Federazione italiana Golf.
Un dato in apparenza trascurabile, e che pure in questi anni ha rappresentato una delle migliori cartine di tornasole della gravità della recessione.
Ininterrottamente in crescita dal 1954 (i tesserati allora erano 1220), al 2011 (quasi 102mila), per la prima volta nella storia il 2012 ha segnato infatti per il settore, fino a quel momento del tutto impermeabile alle oscillazioni del ciclo economico, un chiaro momento di svolta.
Recessione quasi ininterrotta dal 2008, fallimenti a migliaia tra le imprese, difficoltà crescenti anche tra le famiglie più agiate non potevano evidentemente non lasciare il segno anche in questo settore, che in pochi anni ha perso oltre l’11% dei propri iscritti, quasi 12mila unità.
Parlare di rimbalzo nel 2016 è comunque fuori luogo, perché il recupero si limita a 232 nuove tessere, un incremento dello 0,25% tuttavia importante, perché interrompe quattro anni di riduzioni.
Il settore, al momento assestato ancora al di sotto dei livelli del 2007, punta ora a nuove politiche di prezzo e di promozione per rilanciarsi e richiamare nuove fasce di pubblico, in attesa dell’arrivo della Ryder Cup nel 2022.
“Olimpiadi” del golf (la sfida tra i migliori giocatori statunitensi ed europei) che faranno certamente da richiamo e traino per il comparto e che Kpmg stima possano avere un impatto non trascurabile anche in termini economici, poco meno di mezzo miliardo di euro in dieci anni e quasi 5mila nuovi occupati.
Tra 2016 e 2027 si ipotizza un impatto diretto per 277 milioni (investimenti necessari per l’adeguamento delle infrastrutture, consumi dei soggetti coinvolti, spese di gestione della Ryder Cup e di tutte le manifestazioni collegate) a cui si aggiungono 210 milioni di impatti indiretti derivanti dall’incremento della domanda interna e dal maggiore gettito fiscale correlato.
© Riproduzione riservata