Consumi: il Paese non può andare in folle
Una crescita più che doppia, un livello di disoccupazione pari a un terzo del nostro, nove punti in più nell’utilizzo della capacità produttiva. Il paragone tra Italia e Germania è impietoso. Il passaggio elettorale del 2017 per la Germania è certo impegnativo, cruciale per le sorti del paese e dell’intera Europa, ma avviene in un contesto economico del tutto diverso dal nostro. Procedere “in folle” per alcuni mesi, situazione certamente tollerabile per Berlino, diventa invece insostenibile per noi, impigliati al contrario in una fase congiunturale di estrema fragilità.
I dati deludenti delle vendite al dettaglio mostrano il volto debole del Paese, in cui la domanda interna offre ancora un sostegno limitato alla crescita. Che per il 2017 si annuncia ancora una volta insufficiente, inferiore rispetto alla media dei nostri principali partner, con l’ipotesi non peregrina di chiudere un altro anno all’insegna dello “zero virgola”.
Le contorsioni della politica e le incertezze ormai quotidiane sulla portata e sulla durata dell’azione di Governo si collocano quindi nel momento peggiore, proprio quando servirebbe autorevolezza nelle trattative con Bruxelles e forza politica sul piano interno per adottare misure di risanamento e rilancio, procedendo nell’azione di riforma faticosamente avviata negli ultimi anni. Già da qualche mese la stagnazione sul fronte occupazionale testimonia la difficoltà nell’innestare un circolo virtuoso robusto che trasformi la maggiore produzione in posti di lavoro e questi ultimi in maggiore reddito disponibile.
Dall’industria arrivano per fortuna segnali parzialmente positivi, che occorre però rafforzare e sostenere. Il calo dei fallimenti e delle sofferenze nell’industria nel 2016, il raddoppio delle nuove operazioni di credito a medio lungo termine, il balzo della produzione a dicembre, mese brillante anche per l’export (in grado di produrre il nuovo record storico dell’avanzo commerciale), testimoniano la presenza di una manifattura viva e ancora competitiva. Che potrebbe inoltre trarre linfa aggiuntiva dalla nuova domanda interna in arrivo grazie agli incentivi previsti dal piano Industria 4.0.
Restano però numerosi i nodi da sciogliere, come spiega anche l’analisi del centro studi di Confindustria. La produzione nelle costruzioni resta ad esempio oltre 30 punti distante dai livelli del 2010: in Europa solo Slovenia e Portogallo fanno peggio. La grande scommessa del 2017 è quella sugli investimenti, tema su cui il Governo ha puntato la maggior parte delle risorse disponibili. Il “bazooka” dell’iperammortamento si innesta poi su un livello di tassi ai minimi storici, in linea con quelli tedeschi. Ma per investire, oltre alla convenienza, serve anche la fiducia. Ed è su questo che la politica dovrebbe lavorare.
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